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Bambini sieropositivi ed HIV nelle scuole: quanti ce ne sono?

Circa 1 caso di HIV ogni 3.200 classi scolastiche. Coperti dalla privacy, ma nessun reale pericolo!

Lo spiacevole caso della bambina di 11 anni sieropositiva discriminata nell’iscrizione scolastica avvenuto di recente ci induce ad affrontare questo argomento nel tentativo di rasserenare gli animi di chi teme per la salute dei propri figli.

In primis quantifichiamo il “problema”.

Dati dell’ISS ci indicano che dal 2000 al 2013 sono state fatte 97 diagnosi di HIV in bambini di età inferiore a 13 anni (vedi Tabella 17 al seguente link)

Nello stesso periodo (2000-2013) dati ISTAT ci mostrano una natalità complessiva di quasi 8.000.000 di bambini (7.747.404 per la precisione).

Attraverso semplici calcoli possiamo ricavare che nella fascia 0-13 anni circa 1 bambino ogni 80.000 è sieropositivo per HIV. Per avere un’idea più chiara dell’impatto scolastico della questione, assumiamo classi scolastiche composte da una media di 25 bambini: ne viene fuori che in 1 classe scolastica ogni 3.200 classi vi sarà un bambino affetto da HIV e, affinchè abbia una vita degna, è giusto che nè personale scolastico nè genitori di altri bambini vengano informati di tale cosa, a meno che i tutori del bimbo non decidano di loro iniziativa di esternare la questione… il che avviene molto raramente… e con le squallide e discriminatorie conseguenze in cui abbiamo assistito in questi giorni.

Quanto appena affermato è sancito dal d.lgs n° 135 del 1990 ove si sottolinea che “…l’infezione da HIV non può costituire motivo di discriminazione, in particolare per l’iscrizione alla scuola, per lo svolgimento di attività sportive, per l’accesso o il mantenimento di posti di lavoro”.

Quanto c’è da preoccuparsi?

E’ assolutamente comprensibile una po’ di apprensione da parte dei genitori all’idea che il proprio bimbo venga in contatto con una bimbo sieropositivo. Ci preme però sottolineare che ad oggi non è mai stato documentato nel mondo alcun caso di trasmissione scolastica del virus HIV. E considerate che dagli anni ’80 ad oggi i casi di infezione da HIV sono stati 797 in Italia… dunque in 797 classi italiane, negli ultimi 35 anni, vi è stato un bambino affetto da HIV il più delle volte all’insaputa di tutti… e nessun caso di contagio!

Ma so che questo non basta ancora a tranquilizzarvi e quindi vi dirò di più. In primis mettiamo a fuoco alcuni elementi importanti.

Il virus HIV lo si ritrova in:

  • sangue
  • sperma
  • secrezioni vaginali
  • latte umano

Le modalità di contagio sono dunque le seguenti:

1) da madre a figlio: il 12-40% dei bambini nati da madre sieropositiva che non abbia effettuato alcun trattamento nascono anch’essi sieropositivi; il virus può infatti passare al feto prima del parto, durante il parto (si preferisce infatti sempre fare il cesareo) oppure dopo il parto (allattamento, ragadi al capezzolo sanguinanti etc… per tale ragione l’allattamento è controindicato!)

2) rapporti sessuali non protetti: vaginali, anali, orali

3) puntura con aghi o altri strumenti penetranti contaminati (o trasfusioni di emoderivati)

4) contatto mucosale: in pratica allorchè  liquidi biologici infetti vengano a contatto cavità rivestite da mucose (ad es: cavo orale, fornice congiuntivale, ampolla rettale)

Detto ciò: escludendo le modalità di contagio n°1 e n°2 prima dei 13 anni, e nella bene augurata ipotesi che genitori e personale scolastico evitino che i bimbi portino a scuola oggetti acuminati o taglienti permettendoci di escludere anche la modalità n°3, l’unica modalità che ha un bimbo sieropositivo per contagiare il suo compagno di banco sembra restare la n°4: il contatto mucosale. In pratica dovrebbe accadere che un bambino sieropositivo sanguini (epistassi’? escoriazione?) e nostro figlio prenda il sangue infetto del suo compagno e se lo porti in bocca o agli occhi. Eventualità di certo non impossibile, ma estremamente rara: quante volte infatti sinora c’è successo che il nostro bimbo sia tornato da scuola imbrattato del sangue di qualcun altro, o peggio, ci abbia raccontato che dopo essersi sporcato col sangue di un compagno invece di lavarsi le mani, si sia strofinato la bocca o gli occhi?

Sono certo infatti che ogni insegnante veda un QUALUNQUE bimbo sanguinante, sapendo che potrebbe essere uno di quei rari bambini HIV positivi per privacy non segnalati alla scuola dai genitori (o anche positivi per virus epatite B o C… pure ce ne sono!) provveda immediatamente ad allontanarlo dagli altri bambini, ad indossare guanti monouso e a medicarlo. Il d.lgs 81/08 sancisce infatti che in ogni scuola, come in ogni azienda, debba esserci personale addestrato al primo soccorso (vedi anche – Faro Pediatrico: corsi di primo soccorso aziendale).

E sono altrettanto certo che ogni genitore insegna al proprio bimbo che se vede un QUALUNQUE compagno sanguinare, non deve toccare il sangue, ma deve avvisare la maestra.

Dunque il problema si risolve semplicemente rispettando basilari norme igieniche.

Ma c’è di più! Il rischio è ancor più basso di quanto sinora appaia! I bambini sieropositivi moderni infatti hanno il più delle volte cariche virali molto basse grazie alle terapie!

E’ ragionevole pensare che se i genitori di un bimbo HIV-positivo hanno a cuore la sua istruzione tanto da mandarlo a scuola, avranno a cuore anche la sua vita tanto da sottoporlo a terapie e monitoraggi. Ebbene grazie alle moderne terapie antiretrovirali si ottengono due importanti benefici non solo per il bimbo e ma anche per comunità che lo circonda:

1) La carica virale (ovvero la quantità di virus presente nei suoi fluidi biologici) viene mantenuta a valori bassissimi tantochè tali fluidi (sangue, sperma, etc) hanno bassa probabilità di veicolare il virus ad un altro individuo attraverso le 4 modalità di contagio sopra descritte.

2) La conta linfocitaria (globuli bianchi!) si manitene alta: in pratica la maggior parte dei bambini sieropositivi moderni non sviluppano AIDS (o meglio, viene molto ma molto rallentato il decorso della malattia). Non sviluppando AIDS essi stanno bene, non contraggono le pericolose infezioni tipiche dei soggetti che sviluppano AIDS e possono addirittura anche essere vaccinati con virus vivi attenuati (morbillo, varicella… etc). Anzi DEVONO vaccinarsi!

Per quanto estremamente raro (tantochè ad oggi non è mai avvenuto in tutto il MONDO!) non si vuole però assolutamente negare la remota possibilità che un contagio scolastico da HIV possa verificarsi.

Ma, vi prego, diamo il giusto peso alle cose. Tra i vari pericoli cui può incorrere un bambino che scende di casa la mattina per andare a scuola, il compagno di banco sieropositivo e ben curato è sicuramente agli ultimi posti. Rendiamoci conto invece di quanti altri pericoli i nostri figli possono potenzialmente incontrare a scuola ed in società, molto ma molto più concreti (che non il povero compagno di banco ignotamente sieropositivo!), e che talora vengono bonariamente sottovalutati e decorrono nell’indifferente vita frenetica della famiglia. Violenza, bullismo, droga, razzismo, abusi di minori… e potrei continuare a lungo.

Mi chiedo: i genitori del ragazzo che alcune settimane fà fece una strage in una scuola dell’Oregon oppure i genitori del ragazzo che ha di recente aggredito compagni e professori con una spada in Svezia o ancora i genitori del ragazzo che ha ucciso un suo compagno per 10 euro in Calabria… voi credete che hanno avuto qualche sorta di discriminazione quando da bambini hanno iscritto i loro figli a scuola? Eppure i loro figli hanno rappresentato un grave pericolo per altri coetanei molto più di quanto negli ultimi 35 anni l’abbiano rappresentato i circa 330.000 bambini sieropositivi esistenti nel mondo per i prori compagni di banco… visto che non ne hanno contagiato nemmeno uno! …perchè dunque discriminarli?

Red Book, XXVIII Edizione italiana, American Academy of Pediatrics

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