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Svezzamento tradizionale o autosvezzamento? Come scegliere?

Limiti e vantaggi delle due filosofie: come sempre il giusto è nel mezzo!

Da diversi anni una nuova ed interessante filosofia dello svezzamento ha trovato larga diffusione tra genitori e pediatri. Come spesso capita quando c’è un “nuovo credo”, anche in questo caso si sono venuti a creare due movimenti di pensiero in contrapposizione tra loro, col risultato di confondere talora le idee ai neogenitori. Chi è favorevole all’autosvezzamento critica sovente in modo aspro chi è ligio allo svezzamento tradizionale… e viceversa. Come si parlasse di politica: da un lato il partito autosvezzante dall’altro il partito tradizionale! Ma è davvero utile a qualcuno uno “scontro tra fazioni” su un tema come questo? Io credo di no…

Piuttosto che discutere inutilmente su quale sia IN GENERALE la corretta teoria dello svezzamento invitiamo tutti a discutere col pediatra su quale sia l’approccio pratico più corretto allo svezzamento di QUEL SINGOLO ED UNICO bambino!

In questo articolo Il Faro Pediatrico intende esprimere la sua posizione sullo svezzamento ed aiutare i genitori chiarirsi le idee orientandosi nell’attuale caos che si è venuto a creare intorno a questa tematica. Buona lettura!

Che differenza c’è tra autosvezzamento e svezzamento tradizionale?

Per chi non fosse ancora aggiornato sulla questione, cerchiamo di riassumere in due righe le due attuali “filosofie” sullo svezzamento:

  • SVEZZAMENTO TRADIZIONALE: la madre propone al bambino le classiche pappe, ad orari regolari, seguendo uno schema di introduzione dei vari alimenti che in maniera abbastanza elastica può essere concordato col proprio pediatra di fiducia. La parola chiave dello svezzamento tradizionale è dunque OFFRIRE cibo al bimbo. Ecco un pratico schema di svezzamento tradizionale proposto dalla nostra associazione ad uso e consumo di bimbi e genitori!
  • AUTOSVEZZAMENTO: la madre non offre alcuna pappa nè propone alcun “orario pappa” al bambino ma continua ad allattarlo (al seno o col biberon a seconda dei casi) e si limita semplicemente, dai 6 mesi in poi, a farlo sedere a tavola con la famiglia e attendere… attendere cosa? attendere che il bimbo stesso, di sua spontanea volontà – affascinato ed incuriosito da tutto quello che vede mangiare ai genitori -, tenda la propria manina per indicare o prendere l’alimento a cui è interessato e portarlo alla bocca. Insomma: come e quando preferisce e in maniera assolutamente spontanea (come natura vuole!). Sposando tale affascinante filosofia l’intera famiglia tenderà a modificare in senso positivo le proprie abitudini alimentari, mangiando alimenti sani, pur di far si che anche il bimbo venga attratto da alimenti genuini. La parola chiave dell’autosvezzamento è dunque ATTENDERE (la parola “offrire” va cancellata secondo quest approccio).

Quale tipo di svezzamento scegliere?

Come svezzare? Autosvezzamento o schemi tradizionali? In tema svezzamento non esiste il “giusto” e “sbagliato”. La risposta a questa domanda è: dipende dal bambino e dipende dalla famiglia!

La scelta del tipo di svezzamento non può essere arbitraria o dettata semplicemente dall’eccessiva ed a volte ostinata e insensata fede in una delle due “filosofie” descritte, come se si giocasse ad aver torto o ragione con chi si contrappone al nostro “credo”, qualunque esso sia. Al contrario il tipo di scelta deve necessariamente essere il frutto di un coscienzioso confronto tra pediatra e famiglia in quanto, come sopra accennato, è necessario tener conto di fattori legati non solo alla famiglia ed agli orari di lavoro delle mamme ma anche al bambino stesso:

  • peso alla nascita e relativi rischi nutrizionali
  •  modalità di allattamento nei primi mesi
  • curve di crescita staturo-ponderali
  • presenza di fattori di rischio per deficit di ferro (molto frequente nei primi anni di vita e spesso sottovalutato!)
  • fattori di rischio per soffocamento (dentizione, maturità psicomotoria e masticatoria del piccolo, eventuali varianti anatomiche individuali…)
  • persistenza del riflesso di estrusione della lingua (quel riflesso per cui il lattante tira fuori la lingua quando gli vengono stimolate le labbra e la bocca e che serve nei primi mesi per avviare la suzione)

Questi ed altri possibili fattori possono essere messi a fuoco solo dialogando in modo attivo col proprio pediatra.

Alcuni esempi pratici di situazioni reali e circostanze:

Famiglia con donna che deve tornare a lavoroE’ più ragionevole iniziare con Svezzamento Tradizionale: se riesce sarà possibile avere un gran numero di ore in cui il bimbo non dipende dalla mamma e sarà più facile proseguire l’allattamento materno evitando latte artificiale
Bambino nato SGA (piccolo per l’età gestazionale) a 37 settimane di 2,200 KgE’ più ragionevole iniziare con Svezzamento Tradizionale per scongiurare deficit di ferro se il bimbo fosse troppo lento ad autosvezzarsi
Bambino con famiglia che riesce a sedersi regolarmente unita a tavolaE’ più ragionevole iniziare con Autosvezzamento

 

Quando iniziare lo svezzamento?

Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ed il Ministero della Salute lo svezzamento dovrebbe iniziare a 6 mesi compiuti.

Può essere tuttavia anticipato nel periodo che va dai 4 ai 6 mesi qualora ritenuto opportuno dal pediatra che segue il bimbo e che ha piena coscienza dell’andamento delle curve di crescita e di eventuali rischi nutrizionali legati alla storia clinica e perinatale del bimbo. Il periodo che intercorre tra il 4° e il 6° mese è infatti un periodo in cui il sistema immunitario intestinale tende a riconoscere come “amici” gli alimenti riducendo (ma non azzerando!) il rischio di sviluppare intolleranze alimentari. Qualora si anticipi lo svezzamento a quest’epoca di vita conviene scegliere lo svezzamento tradizionale.

È invece fortemente sconsigliato iniziare lo svezzamento prima dell’età di 4 mesi.

LIMITI DELLO SVEZZAMENTO TRADIZIONALE

Ecco i due errori più comunemente commessi dai “cultori dello svezzamento tradizionale”:

  • Rispettare schemi alimentari troppo rigidi variando poco l’alimentazione rispetto a quanto prospettato dal pediatra curante (che ha solo valore esemplificativo e non esausitvo!). Usate quindi lo schema del pediatra non come un rigido copione da seguire alla perfezione, ma piuttosto come un insieme di suggerimenti a cui far riferimento nei momenti di maggiore smarrimento (senza però fari prendere da un’eccessiva vena di improvvisazione)! Il pediatra di fiducia ha il solo compito di insegnarvi a compiere “le prime pedalate”: una volta che “la bicicletta comincia ad andare” sentitevi libere di spaziare ed dirigervi dove preferite! Non abbiate paura di introdurre un nuovo tipo di verdura, legume o carne! Dopotutto stiamo offrendo cibo non farmaci e, fatta eccezione per i casi di intolleranze o allergie specifiche correttamente diagnosticate, seppur dovesse accadere che il bimbo assaggi uovo, pesce o pomodoro prima di quanto indicato dallo schema del pediatra non cascherà il mondo! Ovviamente il tutto sempre nei limiti di una sana e corretta dieta mediterranea.
  • Forzare il bambino: talvolta i genitori vivono la pappa come un “farmaco da mandar giù tutto” e nei casi in cui il bimbo rifiuti, sputi (magari perché ha ancora il riflesso di estrusione della lingua!) o impieghi due ore a completare il pasto, la tensione dei genitori (e nonni!) sale alle stelle. Costringere un bambino ad alimentarsi è un errore gravissimo: MAI FORZARE. Non si fa altro che aumentare gli atteggiamenti oppositivi del bambino ottenendo quindi l’effetto contrario! Se non vuole o sputail pasto allora STOP. Daremo il latte se ha fame e faremo un altro tentativo successivamente. La parola SVEZZAMENTO indica un processo lento e graduale e che soprattutto rispetti i tempi del bambino (non quelli del genitore!). Ci sono bimbi che le prime venti-trenta volte vogliono solo assaggiare… a un certo punto vedrete che, chi prima chi dopo, tutti cominceranno a mangiare. Se dovessero subentrare problemi di crescita o di deficit di nutrienti (in particolare il ferro, che è quello più delicato a quest’età) il vostro pediatra saprà cosa suggerirvi e se necessario darà un integratore.

LIMITI DELL’AUTOSVEZZAMENTO

Gli errori più comunemente commessi dai “cultori dell’auto-svezzamento” possono derivare da quel pizzico di fanatismo che è tipico di ogni “nuovo credo” :

  • Iniziare l’autosvezzamento prima di aver discusso col pediatra se per quel particolare bambino esso è opportuno o meno. Come già accennato in precedenza, alcuni piccoli presentano maggiori rischi nutrizionali rispetto ad altri, ed in questi è consigliabile evitare l’autosvezzamento.
  • Rischio di soffocare: per quanto il bambino possa essere “pronto a masticare” è comunque un’imprudenza pretendere che già all’età di 6 mesi introduca nella propria bocca grossi maccheroni o pezzi di carne o altri alimenti a prova di adulto. Alcuni dei promotori dell’autosvezzamento, in particolare quelli di indole più “naturista”, desiderano che il bimbo introduca nella sua bocca le stesse identiche cose presenti nel piatto dei genitori (la poltigliosa “pappa” è vista come qualcosa di “poco naturale” e “artificiale”). Ma aquesto punto la domanda che mi sorge spontanea, semplice e un pò provocatoria,  è la seguente: ma il maccherone che è nel piatto dei genitori è forse meno artificioso della pappa? l’ha  fabbricato l’uomo oppure esiste cosi com’è in natura? Il pezzo di carne o la mozzarella non sono opera del macellaio e del caseificatore? Piuttosto che viaggiare in questi inutili e fanatici dibattiti naturale versus artificiale che non portano a nulla, io mi soffermerei su comprendere realmente cosa è in grado di fare il bambino ed andargli incontro finchè non riesca a masticare bene da solo (anche frullando tutto se necessario!)

Questo articolo ha un commento

  1. Sara Marino

    Buonasera, mio figlio ha sei mesi e mezzo e da qualche settimana stiamo iniziando a svezzarlo. È da un mesetto che dimostra molta curiosità per ciò che mangiamo a tavola, che cerca puntualmente di rubare dai piatti. Ho provato a offrirgli frutta frullata o la classica prima pappa ma senza che lo interessasse o la mangiasse. Allora mi sono orientata sull’alimentazione complementare. Anche perché lo allatto al seno ma da quando è nato lui fa moltissimi (anche 10 al giorno) mini pasti di 5 minuti, quindi eliminare la poppata del pranzo diventava un po’ complicato perché non si capisce bene quale sia. Ho provato a dargli il nostro cibo cotto o preparato in modo che potesse mangiarlo seppur sia senza denti ma ho grosse difficoltà. Vuol mangiare da solo con il suo cucchiaino e ovviamente lancia cibo ovunque meno che in bocca. Se proviamo a imboccarlo serra le labbra. Quando gli lasciamo davanti a se il piatto con il cibo a disposizione (a volte in pezzi, a volte triturato, a volte passato) si riempe la bocca con le mani ma non lo deglutisce e inizia a piangere disperato mentre cerca di prendere altro cibo che vede davanti a sé. Quindi finisce in lacrime e quando riesce a sputare o ingoiare cos’ha in bocca nascosto tra palato e guance (cerco sempre di non mettergli le dita in bocca) si attacca alla tetta e si calma. Vorrei confrontarmi con la pediatra ma ogni volta che la vedo non mi fa quasi parlare e così mi ritrovo ad ascoltare la sua lezione accademica senza che lei conosca minimamente mio figlio o mi chiarisca i dubbi. Sto sbagliando qualcosa? Mi è chiarissimo cosa possa mangiare ma il problema è COME possa farlo senza che si disperi. A volte ho il dubbio che non sia ancora pronto per svezzarsi. Scusate se mi sono dilungata e grazie.

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