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Parotite Epidemica: Scopriamo Cosa Sono gli “Orecchioni”

La parotite epidemica è una malattia infettiva e contagiosa causata da un virus appartenente alla famiglia dei Paramyxovirus. La parotite epidemica ha come segno caratteristico l’ingrossamento delle parotidi, due grosse ghiandole localizzate sotto le orecchie, da cui deriva il nome abituale con cui è conosciuta questa malattia cioè orecchioni.

Cos’è e come si trasmette la parotite epidemica?

La parotite è una malattia endemo-epidemica cioè è sempre presente nella popolazione ma ha dei picchi epidemici ogni 2-5 anni. E’ una malattia molto contagiosa che si trasmette per contatto diretto attraverso le goccioline di saliva emesse con la tosse, gli starnuti o anche semplicemente parlando. E’ una malattia che ha come unico ospite, oltre che veicolo di trasmissione, l’uomo cioè è un’infezione che non può essere trasmessa dagli animali. E’ più frequente nell’infanzia e nella prima adolescenza ma non sono rari casi di parotite epidemica anche tra gli adulti, mentre si manifesta raramente prima dei 2 anni. La parotite ha un periodo di contagiosità che inizia 3-7 giorni prima della comparsa della tumefazione parotidea e termina dopo 7-9 giorni dalla comparsa dei sintomi; il picco di infettività si ha 48-72 ore prima della comparsa dell’ingrossamento parotideo.

Il virus dopo aver raggiunto le vie aeree si fa strada nell’organismo fino alle parotidi dove inizia a moltiplicarsi causando il gonfiore caratteristico della malattia che prima è localizzato sotto l’orecchio e poi man mano scende fino ad interessare quasi tutto il collo, tanto che non è più possibile identificare l’angolo mandibolare. Dato che le parotidi sono le ghiandole deputate alla produzione di saliva, l’infiammazione e il conseguente dolore è peggiorato da tutte quelle condizioni che stimolano la produzione salivare come ad esempio mangiare alimenti molto saporiti. In corso di infezione è possibile isolare il virus in tutti i liquidi biologici del bambino (saliva, urine, sangue, liquido cefalo-rachidiano).

Quali sono i sintomi e le complicanze degli orecchioni?

Il periodo di incubazione della parotite, cioè il tempo che intercorre tra il momento del contagio e la comparsa dei primi sintomi, è di circa 15-25 giorni durante i quali il bambino solitamente gode di completo benessere. Occasionalmente nel periodo di incubazione possono comparire sintomi molto aspecifici quali febbricola, inappetenza e malessere generalizzato.

Passato questo periodo compaiono i primi sintomi di cui quello più caratteristico è la tumefazione (cioè l’ingrossamento) di una o di entrambe le ghiandole parotidi, infatti gli orecchioni possono essere sia monolaterali che bilaterali.

A questo sintomo classico possono aggiungersene altri come:

  • febbre (con o senza brividi)
  • malessere generalizzato con spossatezza
  • inappetenza
  • dolori ossei e muscolari
  • otalgia, cioè mal d’orecchio
  • cefalea
  • ingrossamento delle altre ghiandole salivari cioè sottomandibolari e sottolinguali con deglutizione dolorosa.

Il virus della parotite in alcuni casi può raggiungere ed esplicare la sua azione lesiva anche a carico di altri organi causando tutta una serie di complicanze.

L’infezione può diffondersi, per fortuna in pochissimi casi, al sistema nervoso centrale causando meningite (cioè l’infiammazione a carico delle membrane di rivestimento del sistema nervoso) ed encefalite (cioè l’infiammazione del tessuto cerebrale). Nei casi di interessamento del sistema nervoso centrale la parotite può causare anche crisi epilettiche mentre se vengono compromessi i nervi periferici sono possibili delle paralisi periferiche.

L’infezione delle parotidi da parte del Paramixovirus può causare deficit transitori delle capacità uditive ma in 5 casi ogni 100.000 bambini si ha una vera e propria perdita dell’udito, infatti la parotite è la prima causa di ipoacusia neurosensoriale acquisita in età pediatrica.

Raro ma possibile è l’interessamento del pancreas che in alcuni casi può determinare un quadro di pancreatite acuta con nausea, dolori addominali ed ittero (cioè la colorazione giallastra di cute e mucose) che può complicarsi con un quadro di iperglicemia transitoria.

Nelle donne in età fertile in un caso su 20 si può avere infiammazione delle ovaie (ooforite) con dolore addominale solitamente non particolarmente acuto, nausea e febbre.

La complicanza più nota della parotite, che si ha in un adolescente (o in adulto) su 4, è l’orchite cioè l’infiammazione dei testicoli. Dopo circa una settimana dalla comparsa della  tumefazione delle parotidi si ha ingrossamento di un testicolo con dolore addominale acuto (che nel caso di interessamento del testicolo destro può addirittura essere confuso con un quadro di appendicite acuta), febbre alta con brivido, mal di testa, nausea e vomito. In casi rari l’interessamento testicolare è bilaterale mentre la sterilità resta un’evenienza rarissima.

Nelle gestanti che contraggono la parotite epidemica entro le prime 12 settimane di gravidanza è gravato da un’alta percentuale (circa il 25%) di aborti spontanei mentre non si associa a malformazioni fetali.

La diagnosi è soprattutto clinica dal momento che l’ingrossamento delle ghiandole parotidi ha un aspetto caratteristico. Per la conferma sarebbe necessaria la ricerca degli anticorpi le Immunoglobuline di classe IgM che sono quelle che indicano la presenza di infezione in atto. Le altre indagini di laboratorio non rilevano nulla di particolare tranne un aumento dei globuli bianchi e degli indici infiammatori cioè VES (velocità di sedimentazione delle emazie) e PCR (proteina C reattiva).

Solitamente non è necessario il ricorso ad esami strumentali anche se in alcuni casi si ricorre all’ecografia del collo che mostrerà le caratteristiche distintive della tumefazione parotidea associata a una linfoadenopatia reattiva (un ingrossamento dei linfonodi del collo).

Terapia e rimedi naturali per lenire i sintomi della parotite epidemica

Essendo la parotite una patologia ad eziologia virale (cioè causata da virus) non è assolutamente indicato il ricorso agli antibiotici.

La terapia è esclusivamente sintomatica basata cioè sull’utilizzo di antipiretici (come il Paracetamolo) per controllare la febbre e di antinfiammatori (come l’ibuprofene) per ridurre l’infiammazione e di conseguenza il dolore a carico delle parotidi. E’ invece sconsigliata la somministrazione di farmaci a base di acido acetilsalicilico (come l’aspirina) perché nei bambini con meno di 12 anni di età affetti da malattie di origine virale si può avere come complicanza la temibile sindrome di Reye, una patologia potenzialmente fatale che si manifesta fondamentalmente con steatosi epatica (un quadro patologico a carico del fegato) ed encefalopatia acuta. Nei soggetti che presentano complicanze testicolari può essere utile, per accelerare i tempi di recupero, associare alla terapia abituale anche il cortisone.

Fondamentali per migliorare il decorso della malattia sono i seguenti accorgimenti:

  • riposo, il bambino non deve essere sottoposto a particolari stress ma non deve necessariamente restare a letto anzi se ne ha voglia può giocare tranquillamente;
  • bere molta acqua, assolutamente da evitare i succhi di frutta (soprattutto di agrumi) perché l’acidità irrita ancora di più le ghiandole salivari;
  • alimentazione semiliquida o comunque con alimenti morbidi per non dover masticare eccessivamente dato che la masticazione potrebbe risultare dolorosa;
  • assolutamente inutile, se non addirittura dannoso, fasciare la faccia del bambino come facevano le nostre nonne; si è visto infatti che l’eccessivo calore (come quello che si genera sotto le bende) potrebbe peggiorare il dolore avvertito;
  • non è necessario applicare pomate antinfiammatorie sulle parotidi tumefatte.

Per quanto riguarda i rimedi naturali ne esistono alcuni che si sono dimostrati utili per lenire i fastidi derivanti dagli orecchioni come ad esempio:

  • asparagi: uno dei rimedi della nonna più utilizzato per ridurre il gonfiore delle parotidi in corso di infezione è applicare, mattina e sera, degli impacchi ottenuti con gambi di asparagi bolliti e lasciati raffreddare.
  • aloe vera: pianta da sempre nota per le sue proprietà antinfiammatorie, antivirali e antibatteriche è utilissima per ridurre l’infiammazione e il dolore in corso di parotite. Basta semplicemente sbucciare la foglia di aloe, estrarne il gel contenuto al suo interno, mescolarlo con un pizzico di curcuma (altro potente antinfiammatorio naturale) e applicarlo sulla zona da trattare, massaggiandolo delicatamente e lasciandolo in posa per un quarto d’ora;
  • foglie di fico: le foglie di fico vanno trattate con olio di oliva (o burro) fatte riscaldare e applicate sulla ghiandola ingrossata;
  • verbasco: le foglie essiccate di verbasco hanno un forte potere antivirale oltre che antinfiammatorio quindi riducono l’infiammazione e addirittura aiutano il sistema immunitario ad inattivare in tempi più rapidi il virus. Le foglie di  verbasco essiccate vanno aggiunte a una tazza di acqua bollente, filtrate ed assunte sotto forma di infuso oppure è possibile immergere un panno di cotone nell’infuso ed applicarlo direttamente sulle parotidi;
  • pepe nero: basta aggiungere un po’ di acqua al pepe nero per ottenere una pasta da applicare sulle parotidi ingrossate; la piperina, principio attivo contenuto nel pepe nero, è infatti un potente antinfiammatorio.

Una curiosità legata alla “medicina popolare” del Sud Italia che, in un’epoca in cui si sconfessano molto facilmente le teorie scientifiche, potrebbe tornare di moda è la pratica del “malocchio” per i bambini con gli orecchioni. In Calabria e non solo ci si “affidava” al potere del sigillo di Salomone (o esagramma di David) ritenuto un simbolo potentissimo contro le energie negative. Praticamente in corso di malattia al bambino veniva segnato il viso e la gola con il sigillo di Salomone da chi avesse particolari poteri taumaturgici o, per i più integralisti, da colui che fosse riuscito nell’impresa di attraversare a nuoto lo stretto di Messina. Chissà che nella nostra società, dove i NOVAX prendono sempre più piede, non ci capiterà di imbatterci in bambini con questi buffi segni sul viso tumefatto….

Prevenzione della parotite epidemica

L’arma migliore per prevenire la parotite epidemica è la vaccinazione. Il vaccino è ottenuto da virus vivi attenuati cioè modificati in moda da essere innocui per l’organismo che li riceve ma comunque in grado di stimolare la risposta immune con la produzione di anticorpi. Il vaccino si compone di due dosi di cui la prima va somministrata ai bambini di età compresa tra i 12 e i 15 mesi mentre la seconda (cioè il cosiddetto richiamo) tra i 5 e i 6 anni. Solitamente il vaccino della parotite epidemica è somministrato combinato con i vaccini per la rosolia e per il morbillo (vaccino MPR) e negli ultimi anni anche con quello per la varicella (vaccino MPRV).

Vuoi sapere di più sul calendario vaccinale attualmente in vigore in Italia?

Leggi l’articolo dedicato: Vaccini obbligatori in età pediatrica: tutto ciò che devi sapere.

Come tutti i vaccini ottenuti con virus vivo attenuato anche il vaccino per la parotite non va somministrato ai soggetti con patologie a carico del sistema immunitario o sottoposti a terapie immunosoppressive (corticosteroidi ad alte dosi, terapie antirigetto, chemioterapia) ma neanche nelle donne in gravidanza o alle donne che desiderino una gravidanza nel mese successivo alla vaccinazione. Ovviamente sono esonerati dalla vaccinazione i bambini che abbiano già contratto l’infezione e che quindi hanno già sviluppato un’immunità specifica contro il Paramyxovirus. Il vaccino per la parotite è molto efficace e ben tollerato, dà infatti una buona risposta immunitaria in circa il 95% dei bambini che lo ricevono. Gli effetti collaterali legati alla somministrazione di questo vaccino sono solitamente di lieve entità e ben tollerati e sono rappresentati essenzialmente da: febbre o febbricola, arrossamento nella sede di inoculo, linfoadenopatia (cioè ingrossamento dei linfonodi più o meno doloroso). Queste reazioni compaiono da 5 a 12 giorni dopo la somministrazione del vaccino. Quasi tutti i bambini sono protetti già dopo la prima dose di vaccino e l’immunità è del tutto sovrapponibile a quella acquisita in maniera naturale cioè contraendo l’infezione. Anche se presa in forma lieve la malattia lascia comunque un’immunità permanente.

Scritto da: Dott.ssa Cristina Pepe

Fonti:
Elementi di infettivologia pediatrica – Giacomet, Zuccotti
Pediatria di Nelson
Epicentro.iss.it

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